mercoledì 24 giugno 2009

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Fare Essere Avere

Note al delirio che segue
premetto ad eventuali acculturati lettori che ho sulle spalle studi squisitamente tecnici mentre le mie nozioni umanistiche sono solo frutto di passione autodidatta, quindi mi raccomando a tutti, criticate pure e se non avete critiche da fare allora prendete il tutto, come si dice, con-le-pinze.

Ogni volta che incontro il Neuro-Fisiatra che segue mio figlio Lorenzo arrivo alla visita con il pensiero che non sentirò nulla di nuovo ed esco invece con riflessioni, concetti, considerazioni che puntualmente mi arricchiscono e, penso, spero, in qualche modo mi aiutano a maturare, a vivere in modo meno superficiale come invece la mia indole godereccia e accidiosa mi porterebbe a fare.
Sicuramente una delle ragioni del continuo rinnovarsi dei discorsi che facciamo (tra una prescrizione di terapia e la programmazione di un ricovero) è la crescita stessa del bambino, ancora in una fase della vita nella quale 6 mesi sono un'infinità di tempo.
Nell'anno scolastico trascorso Lori ha affrontato la prima media, ha aumentato considerevolmente la sensazione di divario tra quello che lui può fare e non può fare perché si avvicina al mondo adulto, meno protettivo e "materno" della scuola primaria. L'inizio dell'anno è stato davvero difficilissimo, poi lentamente le cose sono migliorate ma la strada da fare è ancora lunga.

Quello su cui ho riflettuto, davvero molto banalmente, è proprio l'origine della Sofferenza Esistenziale, che definisco così disponendo di vocabolario limitato e per distinguerla dalla più tangibile, e quasi sempre più facilmente guaribile, Sofferenza Fisica. Eccomi allora a coniare un teorema.
Teorema di RobyDick: La Sofferenza Esistenziale, quella sofferenza interiore che genera uno stato di infelicità, è Esponenzialmente Proporzionale al Divario Percepito tra quello che si vorrebbe Fare e quello che si Riesce a Fare, tra quello che si vorrebbe Essere e quello che si E', tra quello che si vorrebbe Avere e quello che si Ha. Ogni precisazione al Teorema ne diventa Corollario.
Definizione semplice ed esposta a guisa di massima, un concetto che ho in mente da ieri e che dubito me lo toglierò dalla testa facilmente, mi ha tenuto sveglio buona parte della scorsa notte: non riesco a confutarlo in alcun modo. Nulla di completamente nuovo, ma invito chi legge a seguire il resto del ragionamento, dove cerco di spiegarne i dettagli. Chiaramente ispirata a Erich Fromm arricchisce, se mi posso permettere tanto nei confronti del grande intellettuale tedesco, con piccoli ritocchi e aggiustamenti matematici e booleani, il peso e la portata del suo semplice ed efficace "Essere o Avere".

La mia professione, l'informatica in particolare applicata alle basi dati, è fortemente diseducativa. O educativa? Dipende i punti di vista, vediamo cosa ne esce e poi giudichiamo questo scritto "a braccio".
Quando riesco ad applicare le mie qualità professionali (perché non ho dubbi su questo: il mio mestiere mi calza a pennello!) alle riflessioni sulla vita e sulla morte, sulla felicità e sulla infelicità, ecco, come mi capita stasera, percepisco una Gioia talmente forte da farmi pensare "quando morirò spero di trovarmi in questa condizione vitale". Devo sfruttare questi momenti ispirati e scrivere prima l'inevitabile avvento di una qualsiasi infelicità, distrazione da questa "estasi della metafisica pura". E insisto su questo mio stato estemporaneo proprio perché, se ci rifletto, comprendo che sono in una condizione di assenza di divario tra ciò che voglio fare e posso fare, tra ciò che sono e voglio essere, tra ciò che ho e vorrei avere. Nessun divario = nessuna sofferenza.

Conclusa questa apologia di me stesso passo all'esegesi del Teorema. Dalla fine verso l'inizio.

Divario tra quello che si vorrebbe Avere e quello che si Ha.
Indubbiamente la sofferenza che più coinvolge l'aspetto primitivo dell'uomo, con questo intendendo che partendo dai bisogni primari di mangiare, bere, ecc... fino ai desideri di beni o servizi più sofisticati che sono disponibili nella nostra attuale civiltà, tutti in ogni caso fanno leva sul desiderio di possesso, sia esso proprietà od usufrutto non importa.
Per quanto sia la sofferenza più banale, quella più facilmente comprensibile a tutti anche se a tutti non è data la possibilità di comprenderla su di sé, di codificarla e così facendo di stigmatizzarla, è estremamente difficile da estirpare. Inutile cercare compromessi. Se desidero fortemente una Cosa posso risolvere la sofferenza solo in un modo: procurandomela. Lo spessore morale, etico, l'educazione dell'individuo determineranno il modo in cui la Cosa sarà procurata, goduta, ma questo non è argomento che mi riguarda ora.
Non sono manicheo, ci tengo a precisarlo, ma penso che
I Corollario al Teorema di RobyDick: La Felicità è una vetta le cui sfumature verso il basso sono, e non potrebbe essere altrimenti, sfumature di infelicità. Tra lo zero e l'uno ci sono infiniti zero-virgola-qualcosa, non degli uno-meno-meno... Occorre un po' di freddo raziocinio per sposare questa verità, ma non riesco a comprenderne altre.
Ci sarebbe un'altra soluzione, direbbe qualcuno: smettere di desiderare ciò che non si può avere. Ma cadiamo nell'ossimoro senza nemmeno una strofa poetica e con un'affermazione di principio dai toni così tristi, così antitetici la natura umana da renderli degni della peggior setta religiosa! Possibile che chi afferma ciò non se ne rende conto? Si vuole risolvere una sofferenza negandola o, peggio, procurandone un'altra? Chi non ha più bisogno della Cosa è un'altra persona, non quella di cui stiamo parlando. Ma... apro uno spiraglio, una speranza: l'Altra persona citata può essere anche contenuta nella carcassa d'ossa e muscoli della stessa che desidera la Cosa, però questo significa che la Persona, Unica ormai, ha compiuto una rivoluzione più unica che rara, e qui introduciamo il secondo divario.

Divario tra quello che si vorrebbe Essere e quello che si E'.
Entriamo nella sfera "nobile" dell'uomo, in quella che l'Uomo (con una certa arroganza secondo me, ma non divaghiamo) identifica come carattere distintivo della sua specie rispetto al resto del mondo animale.
Cominciare a riflettere su quello che si è, su cosa si vorrebbe essere, implica l'uso del Pensiero Critico. Attenzione a una cosa: essere un semplice impiegato e voler essere un dirigente non ha a che fare con questo concetto ma con quello precedente! Qui abbiamo scollinato i desideri terreni palpabili, sforiamo nell'intangibile là dove un uomo pensante valuta la stima di sé.
[n.d.r.: qui subisco un'interruzione al lavoro per accudire i figli che fanno un casino d'inferno, torno domani]
Dunque, riprendo dalla Stima, segnalando un altro possibile errore su questo concetto: questa sofferenza non è la semplice Scarsa Autostima che ognuno può avere di sé. Una sminuente percezione delle proprie capacità intellettuali e comportamentali, rientra in senso lato ancora nella sfera del punto precedente, Avere, che cosa? una corretta percezione appunto delle proprie capacità.

Confutati quindi quelli che ritengo essere due errori comunemente diffusi, passiamo a definire la sofferenza che nasce da questo Divario. Cominciamo con l'affermare in apparente contraddizione che:
II Corollario al Teorema di RobyDick: Comprendere il Divario tra quello che si vorrebbe Essere e quello che si E' è fonte di sofferenza ma anche, in potenza latente, Causa ed Effetto delle fortune future di una persona. Tutto dipende da come la persona stessa affronta la sofferenza.
Arrivare ad avere una corretta, esatta, anche quasi tale, percezione delle nostre reali attitudini, capacità, potenzialità è chiaramente una fortuna. E' quello che comunemente si definisce lo status di un individuo a completa maturazione. Se però quello che si arriva a comprendere differisce da quello che si è sempre creduto di essere la sofferenza che si prova è davvero grandissima!
Anche in questo caso la soluzione alla sofferenza, molto difficile da attuare, c'è, esiste, e con una banalissima ricetta, quello che ho capito sino ad oggi, è che chi riesce, una volta incassato e digerito "il colpo", a guardare avanti, solo al futuro, può trasformare questa sofferenza in una gioia incredibile, mentre chi, sovrastato dai sensi di colpa e dalla inevitabile frustrazione continua a pensare al passato, è destinato ad una depressione vorticosa, auto-alimentantesi, devastante.
III Corollario al Teorema di RobyDick: E' falso affermare che il passato non si può cambiare! Il Futuro decide il Passato, lo trasforma e ne incide il significato proprio perché è l'Effetto che rende visibile la Causa e non viceversa. Se la Causa può avere natura mistica l'Effetto è invece sempre tangibile e su quello ogni comune mortale può e deve lavorare con fiducia.
Direi che su questo Divario s'è detto abbastanza.

Divario tra quello che si vorrebbe Fare e quello che si Riesce a Fare.
Torniamo all'ambito materiale dell'Uomo, a quello che sicuramente Fromm ha incorporato, ed a ragione, nella sfera dell'Essere, in particolare nel suo relazionarsi con l'ambiente, e che io invece voglio distinguere, per nobilitare ed enfatizzare quella che è la mia esperienza con la disabilità motoria, una condizione fisica che, soprattutto se non è conseguita a seguito di un trauma da adulti ma vissuta sin dalla nascita, pone l'individuo, ancora in una condizione intellettuale estremamente acerba, in una situazione estremamente difficile.
Proseguiamo sul caso del bambino che vorrebbe fare quello che gli altri bambini fanno ma non può. Lo conosco bene ed è eccellente esempio anche per gli adulti che in realtà adulti-non-sono molto spesso, quindi soffrono di questo Divario senza però l'innocenza, la spontaneità che ancora ti fa perdonare, e ci mancherebbe!, un individuo in età infantile. Immedesimiamoci allora...
I miei amici giocano a calcio, io nemmeno cammino con le mie gambe, figurarsi calciare il pallone, col bastone non posso correre allora uso il deambulatore, e in cortile ancora ancora me lo fanno fare, ma alla squadra? alla partita della domenica? non posso partecipare... I miei fratelli vanno veloci con le loro bici senza le rotelle, le voglio togliere ma non posso altrimenti cado, ci vado ancora in bicicletta?... A scuola preparano lo spettacolo di fine anno, è una danza, non posso partecipare... i miei fratelli "normali" danno soddisfazioni ai miei genitori quando imparano uno sport, riescono a manifestare alcune abilità fisiche crescendo, ma io non posso farle quelle cose, dare soddisfazione ai miei genitori, pur continuando a crescere...
Decisamente una situazione non semplice. Una casistica infinita. Chiamiamola sofferenza del non poter fare quindi.
Alla quale il sofferente reagisce e le reazioni dei bambini, spontanee, smascherate, continuano ad essere metafore degli adulti che differiscono solo nel modo di esternarle ed a volte nemmeno in quello. Quando l'impotenza è totale e non coinvolge attività con altri individui c'è frustrazione, spesso nervosismo. Quando coinvolge altri individui egli cerca di livellare regole e modalità di comportamento-relazione a quelle a lui possibili e se non ci riesce ricomincia il ritornello: frustrazione, spesso nervosismo.
Si arriva a un caso limite, quando la disperazione non mostra vie d'uscita, la frustrazione è ai massimi livelli già detti: auto-alimentantesi, devastante.
IV Corollario al Teorema di RobyDick: Il Sofferente Esistenziale Cronico cerca con ostinazione sofferenze negli individui che lo circondano, a volte al punto tale da procurargliene se non ne trova. Ritiene che la sua sofferenza diminuisce se si circonda di qualcuno che soffre più di lui. Ottiene anche, con questa azione, anche se temporaneamente e lo sa, l'appagamento della sensazione di potenza.
E' la verità. Togliamo umilmente il determinativo? E' una verità.

In ultima analisi il Divario del Fare è una somma di Essere e Avere ed anche la soluzione è da ricercare nella somma delle soluzioni precedenti.
Occorre una completa percezione di quello che si E' e che si Ha. Ricalibrare gli obiettivi in modo differenziato dando ad essi la giusta valutazione: fare egregiamente e con impegno una fisioterapia ha lo stesso valore che praticare con successo uno sport che richiede impegno costante. Un miglioramento ottenuto con questo impegno corrisponde ad una medaglia vinta ad un campionato. Non è la valutazione collettiva di un risultato che conta ma la valutazione relativa, personalizzata, che un risultato ha nei confronti del potenziale di un individuo quella che conta.
V Corollario al Teorema di RobyDick: Il Divario del Fare si supera di gran slancio quando si comprende che la felicità risiede nel fare quello che è possibile con grande impegno, stimolando i propri limiti ad espandersi. L'allenamento produrrà quindi una espansione di ciò che si riesce a fare.


Sono alle conclusioni, rimangono da specificare un paio di dettagli.

Cosa intendo con Esponenzialmente Proporzionale?
Ogni singola sofferenza percepita non va semplicemente a sommarsi alle precedenti, ma le ingloba così come le precedenti si arricchiscono a loro volta delle nuove, e quindi la sequenza di valori sarà: 1-alla-prima, 2-alla-seconda, 3-alla-terza, ecc...
Si ottengono valori altissimi, per questo motivo più si permane in una condizione di sofferenza, più difficile risulta uscirne, ma non è impossibile.

Cosa intendo per Divario Percepito?
In senso letterale il Divario in tutti e tre i casi citati è una percezione, un sentimento più o meno distinguibile.
In senso lato c'è quella che potremmo definire la Insondabile Piccolezza della Mente Umana. Il cervello elabora sensazioni che la chimica dei nostri sensi gli fa pervenire, in modo completamente unico e distinguibile tra individuo e individuo. Ci fosse modo di misurare strumentalmente il grado di percezione otterremmo un dato la cui unicità tra individui darebbe migliori garanzie del test del DNA.
Nego sempre e comunque la possibilità di una Valutazione Oggettiva di qualsiasi fenomeno naturale. Sia esso inerente alla natura umana o a tutto quello che la circonda non ha importanza, non è una distinzione che contemplo.

5 commenti:

  1. E' da tempo che non mi occupo di filosofia; il tuo poema mi sembra però ben costruito. Ma soprattutto, si avverte che nasce da una grande sofferenza; che è poi la condizione dell'uomo. In fondo non c'è una sofferenza "seria" ed una "meno seria"; ad ognuno di noi la nostra sembra la peggiore. Però nulla è terribile come veder soffrire chi amiamo. Per questo, e per quel che può valere, hai tutta la mia solidarieà. Ciao.

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  2. Ciao carissimo Roby , condivido il commento rilasciato dalla Licia. Il tuo pensiero mi ha fatto venire in mente l'etica zoroastriana basata sulla scelta tra il bene e il male: il comportamento deve essere guidato dal pensare, parlare e agire in modo retto. L'interesse per la pace, per la giustizia, per la verità per la vita terrena è una virtù suprema. Spetta a noi e al nostro senso di responsabilità seguire il principio del bene, nonostante la dura lotta interiore che inevitabilmente si debba affrontare. Merito di Zarathustra è stato appunto l'aver introdotto il concetto di dualismo e di contrapposizione tra il bene e il male, la cui lotta e il tentativo di prevaricarsi l'uno con l'altro, determinerà le caratteristiche del creato e del nostro comportamento dinanzi alle prove che ci creano sofferenza . Quindi , vecchio mio ,considera ciò che hai di fronte , non una sofferenza , ma uno stimolo per la sfida che la vita ti ha lanciato , sta a te decidere se vincere o gettare la spugna . Ogni piccolo miglioramento consideralo una battaglia vinta . Anche se la guerra non la si potrà vincere , almeno aver la convinzione che con ciò che si è fatto , si è raggiunto il miglior risultato possibile ! Ciao socio !.

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  3. Grazie a entrambi!
    Zarathustra è un mio mito anche se nell'accezione del mio grandissimo mito, Nietzsche. Citazione e spiegazione molto apprezzata.
    Diciamolo Roby: i 3 Kaballeros sono una compagine unica. ;-)

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  4. A proposito di Nietzche , l'ho citato qui : http://www.clubtenereitalia.it/viewtopic.php?t=13684&postdays=0&postorder=asc&start=15

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  5. Horse-Power detto anche l'educational-channel del club :-)
    Continua a coltivare la tua ACCADEMIA, mi raccomando, che lì almeno certe battute non le fanno e soprattutto io trovo sempre qualcosa d'interessante da leggere.

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