martedì 22 febbraio 2005

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Marocco: un viaggio nel tempo

(Foto e testo di Sergio Notari)


“Quando soltanto una vista mille volte più acuta di quella che può dare la natura sarebbe capace di scorgere nell’oriente del cielo la differenza che separa la notte dall’aurora, il muezzin si svegliò.”
Le parole di José Saramago, tratte dalla Storia dell'assedio di Lisbona, ci portano in cima a un minareto e ci fanno pensare a una città addormentata, che sta per essere richiamata alla preghiera del mattino.


(alba su Ait Ben Hadou)
Siamo a Marrakech e dalla terrazza che si affaccia sulla piazza Jemaa el Fnaa possiamo vedere la Koutubia illuminata, l’antico minareto che viene considerato uno dei più bei monumenti dell’Africa del nord.

La piazza sotto di noi è tranquilla, si è spenta ogni eco delle musiche, dei canti e degli odori che tutte le sere la invadono e attirano gli abitanti della città e i turisti in un crogiuolo che è stato elevato al rango di “patrimonio della cultura orale del mondo”.
All’interno della grande medina di Marrakech uno dopo l’altro i muezzin chiamano i fedeli alla preghiera e piano piano la città si risveglia. Sta per cominciare un nuovo giorno ed entro poche ore migliaia e migliaia di persone cominceranno il loro tragitto quotidiano verso la città, la calamita che tutto attrae verso di sé.
Nel suk ci troviamo avvolti in una girandola di colori, di profumi e di voci che ci rapiscono.


Il suk è il primo protagonista con cui facciamo la nostra conoscenza. Ma non si tratta del grande mercato di Marrakech, che attira i turisti che amano perdersi in un dedalo di viuzze. Perché il suk di Marrakech è sì un’esperienza particolare, in cui si possono incontrare personaggi molto curiosi, ma è cosa ben diversa dai piccoli mercati settimanali che si tengono nei villaggi e nelle città meno importanti. Lì abbiamo la possibilità di incontrare da vicino persone dedite a mestieri dimenticati o del tutto particolari. Il fabbro ferraio che forgia i ferri per gli asini davanti alla sua bottega, il maniscalco che sistema il ferro all’asinello che è arrivato con fatica dal villaggio di montagna, il contadino che dal basto del suo asino scarica le ceste con i polli legati insieme per le zampe. Perché l’asino, in tutta la regione ai piedi dell’atlante, è il principale mezzo di locomozione e di trasporto per gente che non si può certo permettere il lusso di una macchina.

Nei pressi del mercato settimanale si trova il parcheggio per gli asini, duecento, o forse più, in placida attesa dei loro padroni che sono scesi dalla montagna in questo giorno tanto importante.

Poco distante da noi si trovano gli ombrelloni di alcuni barbieri, che piazzano le loro sedie all’ombra e offrono i loro servigi ai clienti. “Sono anche dentista, se occorre” precisa uno di loro mostrandoci un paio di tremende tenaglie che di certo hanno sradicato i denti di molte generazioni.

I colori e i profumi la fanno da padroni, rossi accesi di pomodori, montagne di cipolle, mucchi di rape di vari colori. Ogni venditore dispone con la massima cura la sua merce, cercando di attirare l’attenzione dei clienti.

La medina è per ogni città di una certa importanza il fulcro delle attività artigianali. Così è a Meknes, così è nella vicina Fès. E proprio la medina di Fès è quella che suscita le emozioni più forti, dando la sensazione di un autentico viaggio nel tempo. Varcandone la soglia ci sentiamo proiettati in una città del medioevo e proviamo delle sensazioni forti e autentiche, qualcosa di unico. “Ecco, guardi, quello è il caravanserraglio; venite, qui un tempo i carovanieri attaccavano i loro cammelli; guardate, in quelle sale gli uomini riposavano dopo mesi di cammino.” La nostra guida ci accompagna; solo grazie a lui riusciamo a non perderci in quell’autentico labirinto. Poco lontano si trova il suk dei tintori e dei tessitori, al di là di quel minuscolo vicolo lavorano i conciatori di pelli, la cui attività è governata dalle stesse regole oggi così come cinque o sei secoli or sono.

“Hndek, hndek” dice a bassavoce l’uomo che procede lungo il vicolo in groppa a un cavallo. Bisogna fare attenzione, lo spazio è veramente poco. Alla fontana una breve sosta per far bere l’animale.
La medina di Marrakech, la più popolosa tra tutte quelle delle città marocchine, ospita anche ricchi palazzi borghesi, che oggi sono diventati eleganti musei, e la medersa, la scuola coranica, che in passato accoglieva fino a novecento giovani studenti, ornata finemente dal lavoro di pazienti artigiani.

Da Marrakech partiamo imboccando una delle pochissime strade che valicano la catena dell’Atlante, le splendide montagne nevose che proteggono l’altopiano dal calore del deserto.
Le strade si snodano inerpicandosi attraverso paesaggi multicolori e col pensiero torniamo all’immagine delle spezie nei negozi dei suk, le tante varianti di giallo e ocra, i rossi accesi. Così appaiono le rocce intorno a noi, in una serie infinita di sfumature.

Villaggio Tizi n’Test

verso l’Atlante

Valle del Draa

Valle di Dades
Il sud dell’Atlante è il deserto roccioso, immense distese di pietra dove l’uomo ha conquistato con fatica le terre coltivabili lungo il corso dei fiumi. Sopra il villaggio o a ridosso della montagna, in posizione dominante, sorge la casbah, la cittadella fortificata dalle splendide finiture, che tanto lavoro richiede per essere sottratta al logorio del tempo.

Ma se la casbah è la cittadella fortificata, gran parte dei villaggi nelle regioni vicine al deserto è invece spesso costruita sotto terra. Nel percorrere gli stretti vicoli tra le case pensiamo a quanta cura è stata dedicata a questi muri, con quanta dedizione si è lavorato per scavare la roccia e costruire il villaggio in parte sotterraneo, che durante l’estate offre ristoro dal calore insopportabile del sole. Di notte sulla terrazza, prima di dormire, gli abitanti potranno ammirare nuovamente la Croce del sud, che da secoli rappresenta il sicuro punto di riferimento per attraversare il Sahara.
Tornati a nord della catena montuosa, visitiamo la moschea di Tinmal che risale al XII secolo ed è una delle pochissime visitabili in tutto il paese.

Autentica spina dorsale l’Atlante, catena montuosa che separa due mondi, il nord fertile, ricco d’acqua, intensamente coltivato, e il sud roccioso e desertico, in cui l’uomo ha lottato duramente contro la natura per strapparle lo spazio per vivere.

Ma si tratta di due mondi che pulsano con un ritmo comune e che si offrono generosi al viaggiatore curioso e mai stanco di apprezzare la bellezza che lo circonda.
Il villaggio berbero di Agadir sorge in una gola chiamata Ourika. A circa cinquanta chilometri da Marrakech ci troviamo in un luogo che nulla ha a che vedere con la vorticosa metropoli. Il visitatore curioso può osservare il bagno tradizionale comune, una semplice cisterna in cui è possibile scaldare l’acqua,
alcune donne che tornano dopo una giornata trascorsa a raccogliere erba per gli animali, ragazzi che a dorso del loro asino fanno ritorno al loro villaggio, situato a oltre un giorno di marcia in mezzo alle montagne, alcune giovani intente a tessere un tappeto fatto di stoffe recuperate chissà come. Sotto una tettoia c’è un uomo che riposa. Ha appoggiato il suo fagotto a terra e chiacchiera con altri due abitanti del piccolo borgo. Si tratta di uno stagnino, che gira a piedi di villaggio in villaggio per riparare le pentole e le teiere.

Davanti a una casa possiamo vedere appoggiata su un grosso masso una macina a mano per il grano. La famiglia che abita nella casa ne offre l’uso agli altri abitanti del villaggio in cambio di una quota del grano macinato.
A circa centottanta chilometri da Marrakech, sulle coste dell’atlantico, sorge la piccola città di Essauoira, celebre per aver ospitato numerosi registi in cerca di paesaggi esotici per i loro set cinematografici. Antica roccaforte portoghese, si staglia contro il sole con i suoi possenti bastioni, ai cui piedi oggi lavorano decine e decine di intagliatori di legno. Ma Essaouira è anche un importante porto peschereccio e sede di cantieri navali in cui vediamo costruire battelli da pesca interamente in legno, dei veri e propri gioielli di tecnica costruttiva.

Le vie della città storica, in cui dominano i colori bianco dei muri e blu delle finestre ci accolgono ampie e solari. Presto la città si riempirà di visitatori provenienti da moltissimi paesi, in occasione del Festival musicale che si tiene nel mese di giugno.
Il ritorno a Marrakech ci riporta nel caos di una grande città, che vive come proiettata contemporaneamente nel passato e nel presente. Con il crepuscolo si accendono i fuochi di Jemaa el Fnaa e cominciano a rullare i tamburi che attirano intorno ai danzatori frotte di curiosi. La piazza, il cuore di Marrakech, si prepara a un’altra notte di festa e di danze in cui saremo avvolti dalle nuvole di fumo delle carni arrostite e potremo idealmente ascoltare i racconti fantastici dei cantastorie ambulanti.



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