martedì 3 febbraio 2004

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L'idea di Pace e il Pacifismo

(sintesi opera omonima di Max Scheler 1926)

Sempre, in ogni epoca, assumere posizioni intellettuali e di coscienza a riguardo della realizzazione della Pace Perpetua è stato molto difficile.

Scheler in considerazione di ciò trae subito 2 conclusioni:

1) E' certo che la Pace Perpetua è un valore positivo supremo, a cui mirare. Non si spiegherebbero altrimenti gli sforzi compiuti in tal senso da tutti i migliori geni dell'umanità.

2) E' pur vero che, a fronte di questi importanti impegni e sforzi, l'umanità ha conosciuto e continua a conoscere guerre sempre più sanguinose. Dobbiamo quindi accettare la guerra come un evento periodicamente inevitabile e imprevedibile? E' utopico o ragionevole pensare alla realizzazione della Pace Perpetua?

Scheler non condivide le forme, molto diverse fra loro, di Naturalismo Storico e Filosofico che hanno individuato una sorta di "sovrastruttura", di ordine sociale o istintivo-spirituale, al governo di quei meccanismi che generano la pace piuttosto che la guerra. Gli appare invece, da un approccio deterministico della Storia, una ordine casuale e accidentale "fra idee e valori" da una parte, "tendenze dinamiche e interessi" dall'altra.

4 sono le questioni che Scheler pone alla base delle sue analisi:

I.La Pace Perpetua è un Valore Positivo, può cioè rappresentare una sorta di stella polare, di guida per ogni agire umano e politico?

II.Esiste, in relazione al raggiungimento della Pace Perpetua, una Teoria Evolutiva accertabile nella storia a noi nota?

III.E' possibile prevedere una realizzazione della Pace Perpetua?

IV.Esistono metodi sistematici che ci permettano già oggi di iniziare a costruire in qualche modo la Pace Perpetua?

A premessa delle risposte Scheler chiarisce che il Pacifismo Universale è quel pensiero che risponde Si a queste 4 questioni. Il Pacifismo non è una semplice "disposizione spirituale individuale".
Il Militarismo di Principio risponde invece No alla I questione.
Differenti risposte alla III e alla IV questione producono le diverse "sfumature", più avanti chiarite, che intercorrono tra Pacifismo e Militarismo.


Risposta a I)
La Pace Perpetua è un Valore Positivo, ovvero può rappresentare una sorta di stella polare, di guida per ogni agire umano e politico?

Non v'è dubbio che la Pace Perpetua rappresenta un valore incondizionatamente positivo. "La guerra e la vita militare non risiedono nella essenza della natura umana".
Il Militarismo di Principio nega l'utilità di questo valore.
Il Militarismo Strumentale invece lo accetta, pur riconoscendo alla guerra e alle forme militari il valore di strumento realistico nell'affrontare circostanze ben delimitate.
Scheler sottolinea una Possibilità da lui sostenuta in altri scritti, e cioè che "il Militarismo di Principio può risultare talvolta associato alla più elevata inclinazione pacifica in politica". E' quella forma di Militarismo che apprezza le Forme di vita militare in quanto tali, e non applicate su un campo di battaglia.

A ragione di ciò argomenta 5 ragioni (nello scritto originale elenca prima le regioni e poi le risposte, che per motivi di sintesi espongo invece alternativamente):

1. Ragione
La guerra deve nascere "in ragione di un ideale eroico", per dare agli uomini l'occasione di sviluppare "nobili qualità e virtù": forza, magnanimità, senso del sacrificio e dell'onore, spregio della morte, ecc... .
Risposta
L'Uomo Eroico non si realizza solo in guerra, ma anche e soprattutto in pace. Si pensi all'eroismo della non-violenza; si pensi all'opera grandiosa di Ghandi, politica e morale.
Vi è anche un eroismo nel lavoro, in professioni impegnative e pericolose, e anche un importante Eroismo Silenzioso che affronta le avversità con senso del dovere e creatività nel risolverle. Pensare ad eroi in guerra, con la tecnica e la meccanizzazione attuali, è oltretutto anacronistico.
Ma, è questa un'epoca che richiede Eroi?
No. Il Modello Umano di riferimento più elevato attualmente è il Saggio, il Genio, il Volenteroso. Il "genio del cuore" supera il "genio della forza". Il "genio del cuore" si eredita nelle generazioni presenti e future. Il "genio della forza" è estemporaneo e si spegne dopo l'atto.

2. Ragione
"
La guerra è la tempra dei popoli" dice Hegel. Senza tempi di guerra i popoli tendono ad un "rammollimento cronico". La guerra è quindi vista come uno strumento indispensabile ad attuare una selezione darwiniana, dentro e tra i popoli.
Risposta
Per combattere il "rammollimento" esistono validi metodi in tempo di pace: l'igiene, lo sport, l'impegno politico e sociale, ecc... . L'affermazione poi è falsa perché la guerra, si è dimostrato, intacca irreparabilmente le generazioni più giovani e più forti, e non quelle biologicamente più deboli.
Applicare poi le teorie di Darwin sulla selezione naturale al genere umano, ed in particolare alla funzione della guerra, è operazione di sillogismo euristico e forzato, in quanto collega situazioni che pur ipoteticamente Vere singolarmente, sono prive di una reale correlazione.

3. Ragione
Il servizio militare obbligatorio ha "forza educativa".
Risposta
Sostanzialmente si risponde come a (2). Anche lo sport, il lavoro, ecc..., sono attività fortemente educative.

4. Ragione
La guerra è madre generatrice di tutte le forme di cultura superiori. Le società primitive vivevano in modo sostanzialmente pacifico. Guerre e combattimenti, spesso ritualizzati, erano finalizzati alla sopravvivenza della famiglia. I Capi erano ordinati secondi legami di sangue e familiari (grande famiglia, gens, clan). Con l'avvento dello stato basato sulla forza, l'autorità della famiglia è stata sostituita dalla Violenza e dalla divisione in Classi. E' stato a questo punto che sono appunto nate le forma di Cultura Superiore e di Religione (religioni di fondatori, monoteismi).
Risposta
E' vero. Lo Stato Militare si è dimostrato essere la causa prima del sorgere delle culture superiori. Non si vuole discutere questa origine. Gli spiriti umani, una volta liberati, hanno sempre mostrato però una spontanea tendenza allo sviluppo autonomo. Non sono le guerre ad alimentarli. Anzi molte guerre, soprattutto quando di conquista, hanno causato la scomparsa e l'estinzione di interi popoli e, di conseguenza, di culture (si pensi soltanto alle culture autoctone dell'america del sud prima dell'arrivo degli spagnoli).

5. Ragione
La guerra ha più unito che diviso i popoli. E' una parte di quella forza che "vuole sempre il male e che crea sempre il bene" (si vis pace ad bellum). La guerra è quindi un fattore aggregativo.
Risposta
Appare l'argomentazione più valida. I grandi imperi occidentali sono sempre stati fondati con la guerra (romano, tedesco, napoleonico). Gli stati, più in generale, sono sorti e cambiati per Associazione o Espansione di regni e famiglie.
Il secondo metodo (espansione) è quello occidentale, il quale ha creato grandi imperi in tempi relativamente brevi, per poi vederli dissolvere in tempi perlomeno altrettanto brevi. E' il metodo basato sull'ideale dell'Uomo Eroe.
Il primo metodo (associazione) è più tipico dell'Asia (Cina, India, Giappone). Si propone di fondere tra loro diverse culture, e ricorre raramente alla violenza. E' il metodo basato sull'ideale dell'Uomo Saggio.


Risposta a II)
Esiste, in relazione alla raggiungimento della Pace Perpetua, una Teoria Evolutiva accertabile nella storia a noi nota?

La cura evolutiva della storia umana sembra verosimilmente tendere alla Pace Perpetua. Il Positivismo ha intravisto stadi evolutivi per la Pace Perpetua molto contestabili:

1. Teorizza le modificazioni dalle guerre di distruzione a quelle di asservimento o di annessione; dalle guerre di aggressione a quelle di difesa; ecc... . Confonde però le trasformazioni della guerra, che rimane comunque tale, con possibili stadi per il raggiungimento della Pace Perpetua.

2. Crede che il più profondo distacco, come situazione sociale, tra tempi di guerra e tempi di pace, ora delineatosi nel modo occidentale, indichi una tendenza dell'umanità alla Pace Perpetua.

3. Non riconosce cause extra-economiche della guerra, come quelle razziali e religiose. Ritiene anche che la guerra possa scomparire semplicemente liberalizzando gli scambi commerciali.

4. Al pari del marxismo, che considera il capitalismo (imperialista) responsabile di ogni guerra, così il positivismo attribuisce al nazionalismo tale responsabilità. Ma le guerre sono nate ben prima del sorgere delle nazioni. Sono addirittura state l'origine delle nazioni stesse.

5. Ignora le cause delle guerre in Europa, come la sovrappopolazione. Non sono problemi risolvibili con i progressi nella tecnica e nel commercio.

6. Pensare che le Repubbliche e le Democrazie non causino guerre è un falso clamorosamente dimostrato anche dalla storia più recente.

Scheler risponde con una diversa Teoria Evolutiva, che porterà alla Pace Perpetua.

1. Vi è una Legge Evolutiva Spirituale: l'istinto di potenza passa dalla violenza al potere, dal potere fisico a quello spirituale, dal potere sugli uomini a quello sulla natura (potere sulle cose), prima su quella organica e poi su quella inorganica.

2. Vi è poi una Legge di Riequilibrio fra tecniche vitali e psichiche (Asia), e tecniche materiali (Europa). Un forte impulso potrebbe provenire da un controllo eugenetico sulle nascite, ma la fede nella provvidenza esclude questa possibilità.

3. Infine vi è una Legge Evolutiva relativa alla spiritualizzazione dell'istinto di potenza: dalla violenza fisica al potere politico ed al prestigio; dal "diritto della forza" alla "forza del diritto"; dallo stato come dominio ad una organizzazione del benessere, diretta e guidata ma non dominata.


Risposta a III)
E' possibile prevedere una realizzazione della Pace Perpetua?

Lo stato attuale del mondo non lascia intravedere, in modo deterministico, possibilità concrete di Pace Perpetua. Troppe e tali sono le tensioni mondiali che potenzialmente sono cause di conflitto. Elenchiamone alcune:
- tra cultura borghese occidentale e bolscevismo russo
- tra la Gran Bretagna e i suoi domini coloniali
- in America e Giappone, causate dalla forte immigrazione
- economiche, tra Europa e capitalismo americano
- di Classe, sia in politica interna dei singoli stati che in politica internazionale (sono passate, esagerando, definizioni di "popoli capitalistici" e "popoli proletari").

Appare a questo punto un paradosso (dal punto II): prima Scheler sostiene che la Pace Perpetua non è prevedibile nel mondo attuale, poi passa ad illustrare una Teoria Evolutiva che invece la rende "prevedibile"... perché?
E' necessario inserire proprio le parole di Max Scheler.

"Alla suddetta questione occorre dunque rispondere così: è estremamente probabile che in un'epoca non troppo lontana, con l'alta tensione di tutte le forze morali, anche la Pace Perpetua possa subentrare. Tuttavia il pacifista può forse replicare: tu non ti arroghi forse la facoltà di Prevedere, dopo aver considerato la Pace Perpetua come impossibile in un'epoca determinabile?
Al riguardo io dico: in tutte le manifestazioni della vita è più facile prevedere ciò che è impossibile di quanto è possibile o addirittura reale!
Oppure si dice: tu parli qui di "evoluzioni" e di ciò che è impossibile in un futuro prevedibile, tuttavia tu dimentichi la "eterna libera volontà" dell'uomo. Come un singolo uomo può diventare un miserabile o un santo, così anche l'umanità vista come un tutto - così il filosofo francese Gratry. Io non dimentico affatto la libera volontà. Sono un avversario del puro determinismo storico, il quale dice: tu devi scorgere la direzione dello sviluppo e quindi inserirti ... . Noi anzi possiamo ben guidare e dirigere il flusso degli eventi, in primo luogo lo possono gli uomini di stato che comandano, ma in una qualche misura anche ciascun individuo in quanto soggetto politico".


Risposta a IV)
Esistono metodi sistematici che ci permettano già oggi di iniziare a costruire in qualche modo la Pace Perpetua?

Le idee e gli sforzi che si designano come Pacifismo non sono affatto qualcosa di unitario. Non vi è Un pacifismo, ma Differenti pacifismi, derivanti da diverse forme di pensiero spirituale, morale, religioso e politico.
Elenchiamoli e commentiamoli

1. Il Pacifismo eroico-individualistico del "non resistere contro la violenza" (non-resistenza o non-violenza)
E' il pacifismo che merita la più alta considerazione morale, in quanto è l'unica forma non basata su "ideologie interessate". Quasi tutte le altre forme di pacifismo lo sono.
L'ambiente ideale di questa forma di pacifismo non è l'occidente, bensì il mondo buddista. Il Budda ha posto fine ad ogni male e sofferenza attraverso una tecnica psichica e spirituale incomparabilmente grandiosa, insegnando a rinunciare ad ogni tipo di resistenza contro la violenza.
Questo pacifismo, se oggettivamente esatto e capace di diffondersi avrebbe enormi vantaggi rispetto a tutti gli altri. Soltanto esso infatti è uno "strumento assoluto" contro la guerra, in quanto si rivolge alla spiritualità di ogni singolo individuo. Inoltre non è una ideologia di classe, rivolgendosi contro la violenza rivoluzionaria quanto a quella della guerra.
E' un pacifismo per animi nobili e puri, di forte effetto, inattaccabile da critiche legate ad interessi di ogni genere.

Purtroppo appare difficilmente realizzabile, soprattutto per la complicata e improbabile esportabilità del pensiero Buddista al di fuori dell'Asia. L'occidente è irrimediabilmente orientato verso un sistema di valori positivistico. D'altra parte il successo di questo pacifismo risiede nella sua Accettazione Concreta come etica morale quotidiana da parte di ogni individuo, e non è sufficiente una distaccata approvazione.

2. Il Pacifismo Cristiano (semi-pacifismo)
E' fondato in parte sul Dogma e in parte sul Diritto Naturale. E' tipico della chiesa cattolica, che vorrebbe il Papa come arbitro delle controversie.
Una forma di pacifismo cattolica non può essere definita "pura", già in ragione della teoria di Tommaso D'Aquino, accettata dalla Chiesa, che ammette la "guerra giusta" quando è di difesa. Ha inoltre una influenza assolutamente "relativa", dato che può suscitare effetti solo laddove l'autorità della Chiesa è riconosciuta. Gli imperi asiatici, il mondo islamico, il mondo evangelico (in particolare l'area anglosassone), i liberi pensatori, tutte le religioni e metafisiche non dogmatiche e extraconfessionali, i positivisti, i marxisti, la Russia bolscevica, ecc..., non riconosceranno mai il Papa come arbitro del mondo.
Queste obiezioni non intendono negare il valore del Pacifismo Cristiano, ma solo evidenziarne i grossi limiti. Il cristianesimo Protestante, oltremodo diviso in correnti, ha possibilità pacifiste ulteriormente ridotte.
Martin Lutero così si espresse in merito alle leggi che presiedono alle scelte di politica internazionale: "[...] governare un paese intero o il mondo con il Vangelo sarebbe come se un pastore radunasse in una stalla lupi, leoni, aquile, pecore, lasciando ciascuno libero di andare fra gli altri e dicesse: pascetevi da soli e siate felici ed in pace gli uni con gli altri; [...] Qui le pecore conserverebbero sicuramente la pace governandosi e pascolando pacificamente, tuttavia esse non vivrebbero a lungo né alcun animale potrebbe conservarsi di fronte all'altro."

3. Il Pacifismo fondato sul Liberalismo
E' basato su un pensiero di tipo positivistico su un sistema di valori di tipo utilitaristico.
Il sistema di valori e di idee dal quale esso nasce, da Bacone fino a Spencer, non riconosce né il valore peculiare della più pura religione e metafisica (il "sacro"), né quello della superiore cultura spirituale. Riconosce esclusivamente una "legge del progresso", la quale è però applicabile soltanto alle scienze esatte (tecniche).
Il sistema di valori del liberalismo disconosce ancor di più i valori "eroici" dell'uomo e della virtù (valori vitali). Proprio questa sua caratteristica ha causato per esso il rigetto di questa scuola di pensiero (scuola di Manchester) da parte della gioventù tedesca, più ispirata dal Militarismo Spirituale, che indicava in questo un pacifismo da "rammollimento", da degradazione dell'uomo al livello di "animale da gregge" (F. Nietzscke). Un giudizio, quello tedesco, eccessivo ed unilaterale, che toccava anche i padri di questa corrente di pensiero, i quali in realtà possedevano un carattere assai coraggioso e fiero: Bentham, John Stuart Mill, Herbert Spencer. Inoltre il commercio marittimo inglese, soprattutto nelle sue prime fasi di sviluppo, può essere senza meno definito un "commercio eroico".
Il Liberalismo aderisce pienamente all'idea secondo cui la storia umana tende spontaneamente verso un "equilibrio degli interessi", tale che virtù, amore del sacrificio e senso del dovere non avrebbero ragion d'essere.

Qual'è l'errore principale del Pacifismo Liberistico?
Sottovaluta l'autonomia delle energie morali, spirituali e giuridiche. I conflitti economici non sono l'unica causa delle guerre, e forse nemmeno la causa prevalente.
Non comprende quindi che l'impulso umano di Dominio e Potere è una "eterna ruota motrice della politica", affatto soggetto all'impulso del Nutrimento e della Acquisizione Economica.

4. Il Pacifismo Giuridico o Pacifismo del diritto, fondato su accordi internazionali
E' storicamente legato alla grande idea di un Diritto Naturale sovraordinato al Diritto Positivo, uno "ius naturae" iscritto nell'intelletto e nel cuore dell'uomo. Un diritto, quello naturale, portato a giustificazione della validità delle "leggi positive" dello stato, fondamento anche di un diritto dei popoli che regola i rapporti tra stati (ius gentium), quest'ultimo assistito dalla riconosciuta antica legge di "rispetto assoluto dei patti stabiliti (pacta sunt servanda).

Il diritto diventa "vivente" quando esiste un giudice che lo applica. Pertanto questa idea insiste sull'esigenza di costituire una Corte di Giustizia internazionale. Hanno lavorato in questa direzione l'olandese Hugo Grotius, nella famosa opera "De jure belli ac pacis" (1652); successivamente, a favore di un diritto delle genti, ha lavorato Samuel Pudendorf. Entrambi non possono essere definiti pacifisti, in quanto distinguono tra guerra giusta e ingiusta. Grotius ammette anche una guerra di intervento sulla base di motivi morali e giuridici contro un sovrano che minacci i suoi sudditi. Grotius in tal modo, come fa notare F. Meinecke, "costruiva il suo sistema di diritto internazionale come se non vi fosse alcuna ragion di stato, alcuna forza di costrizione che spinge gli stati aldilà dei limiti del diritto e della morale, come se fosse possibile rinchiudere l'azione reciproca degli stati completamente entro i termini giuridici e morali".
Anche il famoso scritto di Kant "Della Pace Perpetua" rientra in questa forma di pacifismo. Pur non parlando propriamente di Pacifismo Strumentale, Kant reclama la necessita di una Corte di Giustizia internazionale. La Pace Perpetua diventa una "idea regolatrice" dell'agire politico, non uno scopo per il quale fissare un termine.
Sono queste le idee che hanno portato alla costituzione del "tribunale arbitrale" dell'Aia ed infine alla Società delle Nazioni a Ginevra.

Come valutarne i risultati, anche ragionando con quanto si è concretizzato in virtù di questa forma di pacifismo?

L'illusione che le forme di stato Repubblicane e/o Democratiche, in quanto forme di governo, avrebbero portato da sé alla pace è stata demolita dalla storia. Le guerre vengono comunque decise in "gabinetti" e "diplomazie" permanenti e spesso segrete. Nel XIX secolo le repubbliche hanno condotto più guerre, sia come numero che come consistenza, delle monarchie, vincendole il più delle volte. Mentre i circoli più conservatori dell'Inghilterra, della Russia e dell'Austria erano contro la guerra.

L'errore filosofico più decisivo - che è l'errore radicale dell'epoca illuministica, che risale all'idealismo greco - è quello di "[...] accordare alla Ragione, all'Idea un'efficacia positiva nell'uomo e nella storia, non riconoscendo la loro connessione e compenetrazione con il demone della vita istintiva umana".
Si tratta di un fallace ottimismo riguardo al prevalere della "forza del diritto" sul "diritto della forza". Nei fatti ogni forma di Diritto Positivo è subentrata, senza soppiantarlo, all'originante rapporto di forza e di interessi. La forza del diritto è dunque sempre un fenomeno "secondario e derivato", e sempre "relativo" ad una struttura in grado di imporlo. "[...] Un diritto naturale e razionale costante non esiste già per il fatto che non esiste una organizzazione razionale e costante dell'uomo".

La massima espressione del Pacifismo Giuridico è sicuramente la Società delle Nazioni, che ha posto la guerra come "estrema ratio" nelle decisioni di politica internazionale, decisione che resta regolata da "norme" e non arbitraria.
L'ideale primario, promosso principalmente dai paesi Anglosassoni (notoriamente pragmatici) è il "Disarmo Generale" mondiale. Per il suo conseguimento, per evitare l'acutizzarsi di tensioni economiche, la Società delle Nazioni porta avanti anche l'ideale di risolvere le relazioni economiche tra gli stati e determinati problemi umanitari e culturali di rilievo internazionale (es. diritto del lavoro). Questi ultimi ideali, concreti e razionali, sono promossi soprattutto dai paesi Latini (notoriamente idealisti).

L'obiezione principale, sollevata dagli oppositori alla Società delle Nazioni e alla vecchia politica di potenza delle alleanze nazionali, è che essa è stata fondata soltanto per dare al "diktat" degli stati vincitori della guerra mondiale una durata infinita (trattato di Versailles), e per rafforzare il possesso degli attuali "beati possidentes" (politiche coloniali).
Si tratta di un'obiezione sicuramente fondata.
F. Weiser fa però notare che "[...] La Società delle Nazioni non sarebbe potuta nascere in modo diverso da questo. La legge della forza esige che essa fosse fondata attraverso la violenza. [...] Perciò non si può dire che la Società delle Nazioni sia un "passo falso" sulla via della pace. Piuttosto rappresenta il primo passo, necessario anche se ancora non sufficiente a condurre verso la piena libertà".

Permangono sempre 3 decisive obiezioni alla efficacia della Società delle Nazioni:
1) Dietro di essa si cela l'interesse ancora assolutamente particolaristico del capitalismo internazionale e ciò la pone in permanente conflitto col la Russia sovietica, con l'Italia rivoluzionaria e con la Cina.
2) Non può comporre i grandi contrasti fra gli interessi vitali delle grandi potenze che la compongono.
3) Essa è priva di un Organo Esecutivo Militare comune, non legato ai grandi interessi nazionali, economici e politici.

Senza farsi trascinare da un pessimismo cinico, è importante riconoscere alla Società delle Nazioni il valore di "strumento buono ed utilizzabile" per impedire una guerra almeno all'interno dell'Europa.

5. Il Semi-pacifismo del Comunismo e del Socialismo Marxisti
Mira al raggiungimento della Pace Perpetua tramite l'abolizione delle classi sociali e la temporanea "dittatura del proletariato".

E' del tutto evidente che il marxismo non è pacifista sul piano dei princìpi, nel senso in cui la Non-Violenza, il Pacifismo Giuridico e quello Liberistico delimitano il termine ed il concetto di pacifismo.
I marxisti sono anzi essenzialmente scettici circa la Forza Intrinseca delle Idee, Istituzioni ed Attitudini Morali e Giuridiche, sopravvalutate nel pacifismo della non-violenza e in quello giuridico. Le idee e i valori di ogni tipo sono per essi soltanto la conseguenza e la sovrastruttura (ideologia) della dinamica dei rapporti economici di produzione. In tal senso il loro pensiero è Naturalistico esattamente come per i teorici della Pura Forza (Machiavelli, Hobbes, Spinoza), che in breve affermano che "la forza precede il diritto" e "condizione il contenuto ideale del diritto". La differenza è soltanto nel fatto che i marxisti pongono al posto della forza statale e militare la Lotta di Classe Assoluta.

Senza addentrarsi nelle variegate forme di comunismo e socialismo (di destra e di sinistra), riferiamo a quanto scritto da Marx nel 1871: "La guerra degli asserviti contro i loro oppressori è l'unica guerra giusta nella storia".
E' una conclusione di parte. Le guerre nella storia vengono giudicate Solo nella misura in cui esse preparano la rivoluzione proletaria finale; per es. in passato tutte le guerre contro la Russia zarista sono state approvate (da Marx, Engels, Bebel) mentre ora invece ogni guerra contro la Russia sovietica è considerata un male.
G. Zino'ev e V.I. Lenin hanno scritto un libro, "Socialismo e Guerra", in cui si dice: "[...] Una delle forme di inganno della classe operaia è costituita dal pacifismo e dal motto astratto della pace. Sotto il dominio del capitalismo e dell'imperialismo le guerre sono inevitabili [...] il marxismo non è pacifismo. [...] La soluzione non è il disarmo generale, ma il disarmo della borghesia e l'armarsi del proletariato". A ciò si aggiungono 2 principi fondamentali: la divisione essenziale fra "stati capitalistici" e "stati proletari"; l'idea della necessità di una certa propaganda (cinema, stampa, ecc...) attraverso cui ogni stato dovrebbe costituire un "esercito rosso", per unirsi in seguito con l'armata rossa della Russia e rovesciare definitivamente la borghesia.

Nonostante tutto sarebbe un errore non definire l'insieme del socialismo marxista come non-pacifista. La Lotta di Classe assoluta, la Guerra, la Rivoluzione, la Guerra Rivoluzionaria, la temporanea ma necessaria Dittatura del Proletariato, sono tutti rapporti violenti, ma al fine di realizzare la Pace Perpetua attraverso la socializzazione del mondo.

La critica più evidente è la seguente: ricondurre tutta la storia soltanto a lotte, e non invece ad una unificazione di tipo associativo; tutte le "lotte dei gruppi" a "lotte di classe" che ne sarebbero la vera base; ed infine tutta la "causalità storica" a "causalità economica". Tutto questo appare arbitrario e falsifica l'immagine della storia. Altrettanto falsa è la tesi secondo cui il capitalismo è la causa essenziale della guerra moderna, soprattutto dell'ultima guerra.
"La Pace Perpetua, che deve essere innalzata sul mare di sangue della Rivoluzione Mondiale è certamente una delle forma più discutibile che questa idea, piena di trasformazioni, abbia assunto. Non soltanto su un mare di sangue ma su un annientamento della Cultura dell'intero occidente giunta fino a noi!
L'idea di una guerra rivoluzionaria mondiale è un grande pericolo per la pace."

6. Il Pacifismo Conservatore
E' conseguente a un Dominio Imperialistico (Pax Romana). (vedi punto successivo)

7. Il Pacifismo Internazionale di Classe della grande borghesia capitalistica europea
E' la borghesia la classe che teme la sua rovina a causa di nuove guerre.

"Chi avrebbe maggiormente da tremare di fronte ad una nuova guerra europea di proporzioni ancora maggiori della Grande Borghesia Occidentale, la cui posizione di dominio è già stata così gravemente minacciata dall'ultima guerra."
L'utilitaristico buon senso ha spinto la borghesia ad abbandonare il Militarismo di Principio., per il più redditizio pensiero relativamente pacifista.
Un fenomeno nuovo, che va a contrapporsi ad una Russia relativamente bellicista, concretizzantesi nella forte tendenza a creare relazioni economiche internazionali, per conservare il proprio dominio di classe ed accrescerlo attraverso le organizzazioni internazionali. Un intreccio che sarebbe distrutto da una guerra. Di sicuramente positivo in questa tendenza vi è la consapevolezza che solo uno stato straniero, in grado di intrecciare relazioni economiche, può arricchire il proprio stato, e che la guerra va quindi contro il benessere di entrambi gli stati.

Questa aspirazione di classe della grande borghesia si salda su una delle più antiche forme di pacifismo che la storia universale conosca: il pacifismo legato ad una sorta di egemonia mondiale (Pacifismo Imperialistico). Quest'ultimo mira a realizzare la Pace Perpetua attribuendo ad Un Solo Stato nel mondo una potenza ed estensione tali da eliminare ogni possibilità che uno stato avversario possa crescere ad un livello simile. Indebolire gli stati forti, rafforzare quelli deboli, creare un "equilibrio" tra gli avversari potenziali: è questa la sua politica. La forma assoluta di tale pacifismo egemonico è ripetutamente emersa nel corso della storia (Alessandro Magno, l'Impero Romano, Napoleone).
Questa forma di pacifismo - esattamente opposta a quella della "violenza assoluta" - è oggi del tutto esclusa dagli attuali rapporti di forza fra le grandi potenze e, dopo l'ultima guerra, è da escludere che uno stato europeo possa aspirare in tale direzione.

8. Il Pacifismo della Cultura
Punta alla Pace Perpetua tramite l'accordo delle elite spirituali di tutti i paesi.

Sono indubbiamente in essere sforzi concreti su questa linea di pensiero:
1) Il "cosmopolitismo" dei centri culturali
2) L' "internazionalismo" della scienza esatta e della tecnica.
3) L' "europeismo".

"Io stesso amo questi sforzi, nella misura in cui essi non dimenticano il radicamento nazionale di ogni Cultura Superiore (di piccoli ambienti in ogni nazione), ed inoltre, fino a che essi soprattutto si manifestano in una forma onorevole e rispettosa di tutti i partecipanti (cosa questa che spesso viene dimenticata), e fintantoché essi non vengono intrapresi in modo invadente e sistematico nel senso della cosiddetta Propaganda Culturale - una contraddizione in sé stessa - giacché i valori spirituali devono rivolgersi a noi come sovrani, così dice Shopenhauer, essi non possono ammettere di essere imposti forzatamente. [...]
Tuttavia chi potrebbe attendersi da tali iniziative il sorgere di una Pace Perpetua, a meno di non essere di una ingenuità infantile in campo politico? [...]
Non il Sapere Intellettuale muove la nostra vita e la nostra azione, ma il forte Impulso Vitale e la Intuizione dei Valori; e senza dubbio quella intuizione dei valori che interpelli contemporaneamente la coscienza delle nostre possibilità e la nostra forza."

Conclusioni


Max Scheler conclude chiarendo la sua opinione in proposito:

"Da quanto detto risulta questo: noi rigettiamo tanto le vecchie forme di militarismo così come tutti i tipi di pacifismo specificamente strumentale.

IL PACIFISMO IN QUANTO ATTITUDINE SPIRITUALE ED IL MILITARISMO STRUMENTALE, INSIEME AL SOSTEGNO DI TUTTI GLI SFORZI A FAVORE DELLA PACE PERPETUA, E' QUANTO NOI POSTULIAMO.

Noi dobbiamo risolutamente rompere con le ideologie favorevoli alla guerra, che non sono in grado di far fronte ad una Coscienza Critica Certa né ad un Giudizio Illuminato Della Ragione, vale a dire dalla filosofia e dalla scienza. [...]
Tuttavia altrettanto energicamente noi dobbiamo cercare di bandire dai ranghi della nostra gioventù quel pacifismo francamente servile che dimentica in modo empio il proprio popolo e tutta la tradizione spirituale; sia che esso si fondi su esperienze individuali, [...]; si che esso si fondi su un sentimento di pura frustrazione di un popolo vinto il quale giudica in termini puramente affettivi l'oggetto esercito-guerra e si allontana da esso in modo puerile per il fatto che la sua ultima guerra non lo ha visto vincitore e gli ha causato dolore; sia per il fatto che esso si fondi su teorie utopistiche che non reggono alla critica razionale. [...]
Ciò che a noi occorre è una Intelligenza sana e dotata di realismo, ed un coraggio fermo, che ami l'onore e sia valoroso e dal quale sorga un orientamento fermo e lucido degli ideali, dei giudizi e delle attitudini della volontà circa i problemi della guerra, della pace, dell'esercito, [...]" .



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